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martedì 10 marzo 2015

Mobilità ed inquinamento

 
Per quanto riguarda l'inquinamento atmosferico, il traffico veicolare privato non è il primo dei problemi e neanche quello più facilmente risolvibile se lo si affronta cercando di lavorare sugli effetti invece che sulle cause.
Il suo impatto sul totale delle emissioni dannose ammonterebbe infatti a circa il 16%. Va sottolineato che questo dato non prende in considerazione l’emissione della tanto vituperata CO2 in quanto, ammesso e non concesso che sortisca effettivamente un effetto negativo sull’atmosfera - magari sotto forma di effetto serra - allora sarebbe necessario svuotare il mare e azzerare tutte le forme di vita presenti sul pianeta (a parte funghi e batteri anaerobici) per evitare un’emissione naturale di CO2 di tale portata da rendere insignificante il contributo da parte dei motori a combustione… .
In poche parole se si volessero ridurre, in base a chissà quali cervellotiche motivazioni, le emissioni di CO2 dovute alle attività antropiche allo scopo di ridurre le emissioni globali sarebbe come limitarsi a bere esclusivamente acqua a ridotto contenuto di sodio (al massimo pochi milligrammi o decine di mg al litro) continuando ad abbuffarsi di formaggi e salumi (diversi GRAMMI ovvero unità composte da 1000 milligrammi di sodio al chilo).
Ecco: una cosa realizzabile nell’arco di una settimana per ridurre l’inquinamento ambientale dovuto sia all’autotrazione che alle risultanze del cattivo smaltimento dei contenitori in plastica, sarebbe smetterla da un giorno all’altro con un’usanza demenziale ed antisalutista nella quale l’Italia è prima al mondo: quella di acquistare acqua “potabile” in contenitori di plastica. Milioni di ettolitri di acqua potabile (prima d’essere imbottigliata) viaggiano infatti continuamente senza senso tra i 4 angoli della penisola: ormai sembra normale a tutti bere in Sicilia acqua delle Alpi o proveniente addirittura dalla Francia! Quando – nella quasi totalità dei casi – il prezioso liquido è contenuto in bottiglie di plastica perde anche la sua potabilità a causa del rilascio di bisfenolo-A e di ftalati, oltre che alle proliferazioni batteriche che possono svilupparsi in contenitori lungamente esposti al sole. Eppure, quest’acqua d’infima qualità gran parte dei consumatori sono disposti a pagarla circa 2000 volte in più dell’acqua molto più probabilmente potabile che esce dai rubinetti di casa. La cosa da fare, in questo caso è: prima di tutto smettere di considerare normale acquistare acqua in bottiglie di plastica e subito dopo smettere di considerare normale che l’acqua da bere debba essere pagata a qualcuno. Essa è di tutti e venderla dovrebbe essere considerato un crimine. Troverei giusto, se mai, far pagare un servizio di distribuzione che ne renda più agevole l’approvvigionamento quando però esiste la possibilità alternativa di procurarsene gratis.
Come conseguenza logica, bisognerebbe smettere di considerare normale che cibi esotici come arachidi, ananas e banane facciano parte della nostra dieta quotidiana e perfino che esista un massivo scambio di generi alimentari tra una regione e l’altra: questi scambi sono per me ammissibili ma andrebbero adeguatamente tassati a chilometro per incentivare il consumo di prodotti a chilometri zero e ridurre traffico ed inquinamento ambientale.
Un altro primato negativo in cui eccelliamo è il pendolarismo: non esiste aspetto peggiore della qualità della vita che essere costretti a dilapidare una parte di essa in reiterati viaggi quotidiani tra la nostra residenza ed il posto di lavoro! Anche qui, la soluzione ovvero l’incentivo al far bene sarebbe quello di tassare a chilometro datore e prestatore d’opera in base al percorso che il secondo deve compiere per recarsi sul posto di lavoro.
Ancora sul traffico, come suggerisco spesso, bisognerebbe lavorare sui suoi presupposti e non limitarsi a cercare - invano - di tamponare i suoi effetti finali. Chiedersi perché la gente ha bisogno di recarsi in centro per i suoi acquisti e per le sue pratiche burocratiche. Non sarebbe meglio decentrare i servizi primari in tanti piccoli centri rionali invece che riunirli in mega assembramenti centrali o periferici? In un mondo ideale e perfetto, secondo me, l’unico traffico che avrebbe totale giustificazione di esistere è quello turistico o ricreativo.

lunedì 1 aprile 2013

LEGAMBIENTE scopre l'acqua fredda

Non si tratta di un titolo polemico ma anzi di un plauso per l'interesse mostrato da questa associazione per il demenziale fenomeno, peculiarmente italiota, del consumo di acqua dichiarata "potabile" pur se imbottigliata in contenitori di plastica e trasportata in giro per la nazione a costi sociali inaccettabili.
 
 

 Come accennato, il nostro Paese capeggia negativamente la classifica mondiale dei consumatori di acqua "plastificata" pur ricoprendo un territorio complessivamente ricchissimo di acque naturalmente potabili.
Ma il potere persuasivo della propaganda pubblicitaria è riuscito in pochi anni a convincere i consumatori che sia una cosa normale e quasi dovuta acquistare acqua plastificata per il consumo quotidiano nonostante costi anche migliaia di volte in più di quella di rubinetto e, a prescindere dalla sua qualità al momento dell'imbottigliamento, è certamente inquinata da ftalati e bisfenolo-A rilasciato dai contenitori plastici.
Invece è pura follia.
 
In questo contesto va specificato che l'acqua imbottigliata in vetro (che purtroppo però non è più "vuoto a rendere" come una volta) è naturalmente esente da queste contaminazioni anche se è comunque assurdo pagarla tanto (anzi ancora di più proprio perché è in vetro!) e trasportarla in giro per l'Italia dall'imbottigliatore al consumatore finale.
 
Come qualcuno obietta, è vero che ci sono ancora tutt'oggi (limitate) zone del Paese in cui non è possibile bere in sicurezza l'acqua del rubinetto ma la soluzione dell'acqua plastificata in piccoli contenitori non è certo l'unica possibile.
Ad esempio, in questi casi da considerare estremi, l'utilizzo di contenitori più grandi come quelli utilizzati nei distributori da luoghi pubblici, potrebbe abbattere significativamente costi ed inquinamenti pur non risolvendo il problema alla radice.
 
Nota: il dossier pone l'accento anche sulla riduzione delle emissioni di CO2 di origine antropica nonostante non esistano prove scientifiche che esse possano apportare danni all'ambiente o, più specificamente, possano realmente incrementare l'effetto serra, ritenuto da qualcuno il principale responsabile del presunto innalzamento delle temperature medie dell'atmosfera.
A questo proposito, pur plaudendo e sostenendo questa iniziativa, va detto che il movimento di Legambiente più di una volta è scivolato su posizioni piuttosto ambigue per l'ambiente, forse per ingenuità, forse per mancanza di competenza scientifica.

 
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lunedì 26 novembre 2012

Nucleare tradizionale: i misteriosi viaggi in treno delle scorie radioattive

 
Il tam tam degli antinuclearisti ha fatto filtrare la notizia che forse già la prossima settimana passerà per il Piemonte, un treno pieno di scorie nucleari.
Questi “viaggi” sono tenuti nascosti alla popolazione. Non ci dicono quando passano, da dove passano, non ci informano sui rischi in caso di incidente. Temono che, se sapessimo, ci ribelleremmo.

Il prossimo sarà il quarto trasporto di scorie dal deposito “provvisorio” di Saluggia all’impianto di riprocessamento di La Hague.
Nell’ultimo anno, pur avendolo appreso pochi giorni o persino poche ore prima, gli attivisti contro il nucleare si sono dati da fare per far sapere a tutti che una bomba atomica viaggiava a pochi passi dalle loro case.
La prima volta, nel marzo 2011 alla stazione di Condove, la polizia picchiò e arrestò due No Nuke
Nell’aprile dello scorso anno, qualche centinaio di attivisti si sedette sui binari della stazione di Avigliana per rallentare il treno. La polizia portò via uno ad uno gli antinuclearisti ma il muro del silenzio venne abbattuto. I trasporti sono stati interrotti sino al luglio di quest’anno, quando per far passare il Castor, arrivarono a sequestrare per ore un treno pieno di antinuclearisti alla stazione di Bussoleno.
La Regione Piemonte ha una legge che prescrive che venga fatto un piano di emergenza in caso di incidente a uno di questi treni. Lo sapevi?
Tutti quelli che abitano nel raggio di tre chilometri per lato dalla ferrovia dovrebbero fare le esercitazioni nel caso uno di questi treni deragliasse o saltasse per aria.
Probabilmente nessuno te lo ha detto. I responsabili delle ferrovie, il sindaco, la prefettura, la questura tengono la bocca chiusa.
A Viareggio l’incidente ad un treno di materiali chimici ha fatto morti e feriti. Immaginate se toccasse ad un treno pieno di scorie altamente radioattive.
L’unica misura consigliata dalle Prefetture a chi abita a 300 metri dalla linea ferroviaria è chiudersi in casa.
Tutti noi sappiamo che non basta chiudersi in casa per sfuggire alle conseguenze di un incidente nucleare.
L’85% delle scorie radioattive prodotte in Italia sono concentrate a Saluggia, Trino vercellese e Bosco Marengo. Dopo venticinque anni dalla chiusura delle centrali nucleari italiane la questione delle scorie non è stata risolta. E non lo sarà mai, perché le scorie restano pericolosissime per la salute umana e per l’ambiente per decine di migliaia di anni.
Lo scorso mese il governo ha deciso di smantellare l’ex centrale di Trino vercellese: al suo posto faranno un secondo deposito «provvisorio».
In nessun paese al mondo c’è un sito definitivo per lo stoccaggio. Costi altissimi e l’opposizione delle popolazioni coinvolte hanno fatto sì che le scorie rimanessero nei pressi delle centrali.
I trasporti che stanno facendo a nostra insaputa sono diretti in Francia.
 
Nell’impianto di La Hague, le scorie vengono “riprocessate” e poi rimandate in Piemonte. Radioattive e pericolose come prima, perché a La Hague si limitano estrarre il Mox, un combustibile per le centrali, e il plutonio. Il plutonio serve ad una sola cosa: fare le bombe atomiche.
 
Il sito di Saluggia non è sicuro: nell’ultima alluvione le falde sono state contaminate.
Se uno dei treni diretti in Francia deragliasse, se qualcuno lo scegliesse come obiettivo e lo facesse saltare, se ci fosse una scossa di terremoto – anche lieve – mentre attraversa il basso Piemonte, da Vercelli, attraverso Asti, Alessandria, la provincia di Torino e la Val Susa migliaia di persone rischierebbero la vita.

Vale la pena? Vale la pena di arricchire affaristi senz’altro scrupolo che il lucro? Siamo nella città della Thyssen, nella regione della strage dell’Eternit: credete che ai padroni interessi la nostra salute?
Noi pensiamo di no. E siamo decisi a metterci in mezzo. Per il futuro dei nostri figli, per un mondo senza sfruttati né sfruttatori, per farla finita con la devastazione del territorio, per essere liberi di decidere.
 
integralmente tratto da RADIO BLACKOUT

domenica 10 giugno 2012

Sigarette nocive per l'ambiente e per la salute

sigarettaIl fumo uccide e, come se ciò non bastasse, provoca anche moltissimi danni all'ambiente.
Aumenta ogni giorno il numero degli studi scientifici che evidenziano le conseguenze negative che il fumo determina per la nostra salute. Eppure le sigarette non solo ci uccidono, ma provocano anche moltissimi danni all'ambiente.

L'azione distruttiva delle "bionde" prende il via al momento della produzione e dell'essiccazione del tabacco per cui ogni anno vengono sacrificati 2,5 milioni di ettari di foresta. La deforestazione riguarda principalmente gli Stati a basso reddito e, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, il 5% del disboscamento nei Paesi in via di sviluppo è dovuto proprio a questa coltivazione la quale, peraltro, ha un forte impatto ambientale anche in termini di pesticidi, antiparassitari e fertilizzanti usati.

Una volta realizzate, le sigarette vengono dunque immesse sul mercato, comprate e quindi accese. A tal proposito il fumo di tabacco è stato classificato come cancerogeno di Classe 1 dallo IARC, nonché come inquinante tossico per l’aria dall’Agenzia per la protezione dell’ambiente della California. La combustione del tabacco produce più di 4500 sostanze chimiche ad azione irritante, nociva, tossica, mutagena e cancerogena. Una parte di tali sostanze – tra cui nicotina, catrame, condensato, gas tossici, polonio 210 e acetato di cellulosa – rimane imprigionata nel filtro e nella porzione di tabacco non consumato. Pertanto, secondo l'ENEA, le cicche di sigaretta dovrebbero essere classificate e quindi trattate come prodotto tossico per l’ambiente.

Al contrario, i mozziconi vengono abitualmente abbandonati in modo selvaggio e senza alcuna attenzione. Si pensi che, secondo le stime, soltanto nel nostro Paese vengono disperse giornalmente nell’ambiente 195 milioni di cicche, ovvero 72 miliardi l’anno. Ogni anno nel mondo i mozziconi gettati via sono invece 4,5 milioni di miliardi che complessivamente contengono 7.800 tonnellate di agenti chimici pericolosi.
Questa quantità esorbitante di cicche va a finire sui marciapiedi, nel suolo, nelle fogne e nelle acque superficiali. Secondo una recente ricerca delle Nazioni Unite i mozziconi sono al primo posto nella top-ten dei rifiuti che soffocano il Mediterraneo (le cicche rappresentano il 40% dei rifiuti, contro il 9,5% delle bottiglie di plastica).

Inoltre, le sigarette ancora accese, buttate o abbandonate in ambiente esterno o in casa, possono provocare disastrosi incendi.


 A.P. per Il Cambiamento

domenica 27 maggio 2012

Ciclo lineare e ciclo chiuso

L'insostenibilità del ciclo lineare e del consumismo spinto descritte in termini elementari da Annie Leonard.
Obsolescenza pianificata, obsolescenza percepita ed esaurimento delle risorse naturali; tossicità derivanti dall'incenerimento dei rifiuti:
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sabato 26 maggio 2012

Salerno rischia la realizzazione di un nuovo inceneritore cancerogeno di rifiuti


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Mentre in Europa nessuno più pensa che bruciare la spazzatura sia una soluzione razionale, Salerno si distingue per stupidità o criminalità - fate voi - con la manifesta intenzione di costruire in tempi brevi un impianto di incenerimento della spazzatura, che la solita ipocrisia corrente si ostina a definire "termovalorizzatore".
In realtà, l'unico valore creato da un impianto di bruciatura dei rifiuti è di tipo economico per chi è beneficiato dall'appalto, in genere parente o connivente dei politici che riescono a far passare il progetto criminale.
Ma siccome nulla si crea e nulla si distrugge, neanche la spazzatura, il corrispettivocosto sociale dell'arricchimento monetario di pochi si paga in termini d'inquinamento ambientale dell'aria che respiriamo e con la ricaduta degli agenti tossici al suolo.che finiscono per inquinare colture e falde acquifere.
Un vero disastro ambientale, oltre al quale ci sono i costi economici di mantenimento della struttura.
Non è neanche vero che un bruciatore di rifiuti sia conveniente dal punto di vista energetico, come ipocritamente vogliono far credere i suoi sostenitori.
Ammessa e non concessa l'onestà intellettuale di chi vuole realizzare impianti del genere, bisogna prendere atto allora della loro totale ignoranza sull'enorme impatto ambientale creato da un inceneritoree quindi della loro totale incompetenza in materia di trattamento dei rifiuti.
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Eppure, basterebbe che si documentassero approfondendo le loro conoscenze scientifiche e informandosi sulle soluzioni adottate e che stanno adottando Paesi più evoluti del nostro, che a quanto pare rimane ancorato a metodi che potevano andare bene quando i rifiuti erano composti esclusivamente da materiali legnosi ma non certo oggi quando i rifiuti sono costituiti all'80% circa da materiali d'imballaggio, quasi tutti plastici.
E sappiamo che dalla plastica si sviluppa diossina, una delle sostanze più tossiche in assoluto, già a partire da temperature di 70°C.
Piombo, andride solforosa e molte altre sostanze tossiche sono quello in cui viene trasformata la spazzatura con la combustione.
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Da tener presente che se viene bruciata una tonnellata di spazzatura o di qualsiasi altra cosa, vengono prodotti fumi che assieme alle ceneri residue pesano più di una tonnellata in quanto qualsiasi combustione consiste in un legame del combustibile con l'ossigeno e quindi alla fine del processo, il prodotto della combustione pesa per forza di cose di più del solo combustibile.
Basterebbe questa consapevolezza per capire che bruciare i rifiuti non è una soluzione praticabile.
Tra l'altro, una grossa quantità di rifiuti può essere vantaggiosamente riciclata per cui bruciarli costituisce un ulteriore spreco energetico.
Le strade da percorrere per abbattere draqsticamente l'impatto ambientale ed i costi provocati dai nostri rifiuti passa obbligatoriamente e convenientemente da tre punti fondamentali:
- una riduzione della massa dei rifiuti all'inizio della catena, preferendo merci sfuse o imballate senza materie plastiche, e già questa scelta da sola sarebbe in grado di dimezzare il problema!
- una raccolta seriamente e severamente differenziata;
- un oculato riciclaggio.
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Si può fare, conviene, non si capisce perché nel 2012 esiste ancora qualcuno che, sprecando denaro, pensa a trasformare la spazzatura in rifiuti altamente tossici e cancerogeni.
Anzi, forse si capisce troppo bene.

articolo di riferimento:

mercoledì 16 maggio 2012

Elettronica: progettare per la discarica

Produrre per la discarica può sembrare folle ma ha perfettamente senso in un sistema che può funzionare solo se offerta e domanda crescono indefinitamente.
Il problema è che il mondo e le sue risorse non sono infinite, per cui il sistema è destinato prima o poi a collassare.

Non è storia recente: le prime lampadine avevano il difetto commerciale di non fulminarsi e allora furono riprogettate per avere una durata limitata.
L'obsolescenza programmata, i bisogni imposti dal mercato, l'impatto ambientale causato dai rifiuti elettronici.
Doppiato in italiano:

lunedì 25 luglio 2011

Anche nell'Oceano Atlantico un'immensa isola di rifiuti

Una discarica fluttuante, paragonabile al “Great Pacific Garbage Patch”, il vortice di immondizia che galleggia ormai da decenni nel Pacifico

Niente da festeggiare per l’ultima scoperta degli oceanografi nell’Atlantico del Nord. Al termine di una ricerca durata 22 anni, è stata localizzata al largo delle coste della Georgia, nel sud est degli Stati Uniti, la più grande isola di rifiuti nel secondo oceano del pianeta. Una discarica fluttuante, estesa fra i 22 e i 38 gradi Nord di latitudine, la cui concentrazione di plastica è paragonabile a quella rilevata nel “Great Pacific Garbage Patch”, il gigantesco vortice di immondizia che galleggia ormai da decenni nel Pacifico. “Nonostante l’attenzione crescente per il problema dell’inquinamento da rifiuti plastici negli oceani, sono ancora pochi i dati scientifici per misurare l’ampiezza del fenomeno ”, afferma il team di ricercatori del “Sea Education Association”, del Woods Hole Oceanographic Institution e dell’Università di Hawaï, annunciando la scoperta su Science.

giovedì 21 luglio 2011

Il settimo continente

E' noto anche col nome di Great Pacific Garbage Patch, si trova nell'Oceano Pacifico ed e' la piu' grande discarica di spazzatura del mondo: si tratta di un vero e proprio disastro ecologico scoperto per caso nella primavera del 1997 dall'oceanografico americano Charles Moore.
A bordo del suo catamarano per le ricerche scientifiche "Arguita", Moore si trovava tra Giappone e Hawai quando decise di seguire una rotta non battuta dalle normali navigazioni, a causa di strane correnti marine.
Ed e' cosi' che si imbatte' nella North Pacific Subtropical Gyre, una corrente oceanica a spirale che preleva rifiuti e rottami dalle coste e dai fondali e li accumula in mezzo al mare, in vere e proprie isole di spazzatura.
Il fenomeno e' naturale, i rifiuti sono roba nostra!
La misura totale della Pacific Garbage non e' ancora nota: si parla di 700mila/15 milioni di kmq, con una profondita' di 30 metri. La sua dimensione si stima sia tra lo 0,41% e l'8,1% dell'intero Oceano Pacifico, con oltre 3,5 milioni di tonnellate di detriti (100 milioni di tonnellate secondo quanto riporta La Stampa).

La Pacific Garbage, formatasi tra gli anni cinquanta e gli anni ottanta, è