La differenza di significato tra i fenomeni di "desertizzazione" e "desertificazione" consiste sostanzialmente nelle loro cause primarie: naturali per la prima, antropiche per la seconda.
Se siamo d'accordo sul fatto che non è un bene continuare imperterriti a ridurre le superfici selvagge ad un mosaico di appezzamenti attigui ma non contigui, a loro volta a rischio di frazionamento tramite nuove strade (camionabili o ferrate che siano) costruite per gli scopi più fantasiosi ma quasi mai per una reale esigenza, allora è nostro dovere fare qualcosa per invertire questa insana tendenza.
Se si parla d'impatto ambientale e non si considera che uno degli interventi più potenti messi in atto dall'Uomo contro le preesistenze naturali e la vita selvaggia è la costruzione di strade, peggio che mai se ferrate, si è lontani dal poter affrontare il problema con cognizione di causa.
Se si sostiene, con argomentazioni ideologiche non supportate da studi concreti, che un'ottimizzazione della mobilità ferroviaria possa ridurre in maniera significativa il traffico stradale, allora, anche ammesso che sia così, è necessario valutare tutti gli aspetti negativi generati direttamente dall'insistenza di una rete ferroviaria e, secondariamente, dal suo sfruttamento.
Le "ferite" che una linea ferroviaria è capace di infliggere ad un territorio non sono di poco conto quanto a frammentazione degli spazi selvaggi e dissesto idrogeologico; entrambi superiori, quanto ad impatto, rispetto a quelli causati da una sede stradale rotabile.
Se a queste si aggiungono delle disposizioni apparentemente prive di senso come descritte nell'articolo sotto riportato, l'impatto ambientale sul territorio è da moltiplicare almeno per tre quando parallelamente alla linea ferroviaria si impone un taglio degli alberi - al secolo una desertificazione - lungo una fascia che in alcuni casi limite arriva a 50 metri!!
Garantire in tal modo la sicurezza del treno e degli animali prescinde da una valutazione d'impatto del treno stesso, un vero missile terra-terra che violenta - spesso inutilmente - il territorio a velocità sempre più alte che a loro volta impongono standard di sicurezza sempre più alti.
Tra questi standard, rientrano le cosiddette "zone di rispetto", spazi in cui non dev'esserci praticamente nulla ma, come vedremo nell'articolo, un'estensione esagerata di queste aree è da considerare quantomeno sospetta e non funzionale allo scopo precipuo.
Valutazioni del genere sono estensibili, con le doviute distinzioni, anche alle strade rotabili.
Galleria ferroviaria "naturale" in Ucraina
E’ da anni che vo’ dicendo – testimoni i funzionari del mio comune – che vi è un progetto di sterminio dei nostri alberi autoctoni travestito da prudenzialità assicurativa e tecnicismo potatorio chemioterapico. Ho fatto varie foto degli alberi “potati” e sterminati di Diano Marina, e della Liguria di Ponente in genere, poi vado nel Chianti, e vedo gli stessi alberi potati allo stesso modo a Gaiole in Chianti (SI). E poi ricevo una mail del Comitato contro l’Aeroporto di Ampugnano (SI), l’aeroporto privatizzato in criminale maniera da MPS e CDP, su cui pende un’indagine della magistratura, e vedo le stesse identiche potature chemioterapiche e le stesse domande attonite degli ignari-ingenui cittadini.
La cosa più disperante è di vedere i funzionari comunali che fanno gli gnorri quando gli vai a spiegare che c’è un progetto occulto delle compagnie sementiere di appropriarsi di tutta la materia viva, per brevettarla e poi vendercela, che sia vegetale, animale o umana. No, scherzo, questo non glielo dico, ma gli dico che vi è un disegno di sostituire le nostre piante autoctone con piante provenienti da laboratori biotecnologici di altri paesi, preferibilmente Olanda, Israele e paesi Scandinavi. Non serve a niente, loro eseguono. Fanno gli gnorri, e se anche ti credono, si sentono impotenti. Come se non potessero dire alle ditte di potatura di tagliare più lievemente…Anche perché agronomi “indipendenti”, consultati amichevolmente, mi hanno garantito che questo tipo di potatura, contrariamente alla vulgata che vuole che gli alberi poi rifioriscono e si riprendono sempre, in realtà non fa che indebolirli, e sono già per la maggior parte malati, costringendo poi i comuni ad abbatterli con il pretesto della pericolosità pubblica…
E’ passato persino un ordine della Rete Statale Ferroviaria Italiana di imporre ai privati cittadini nel raggio di SEI METRI dai binari di MOZZARE tutti gli alberi di alto fusto. Per quale ragione? Nessuna. Se non quello che ho detto sopra.
Si noti bene, non scrivo questa nota per segnalare un caso specifico, ma per richiamare l’attenzione sull’ennesimo scempio di questo tipo sui nostri alberi pubblici, e sulla leggerezza con cui si accordano i permessi per tagliare quelli privati, nell’ambito di una scrupolosità burocratica in un accanimento antiterapeutico che non può che provenire da ordini tecnico occulti dall’alto. Ma gli operai che eseguono, e con cui tante volte mi sono trovata a discutere, sono schiavi, e non se ne rendono conto, anzi ringraziano di avere un lavoro poiché come dice una santificata Costituzione, che pure è calpestata da ogni parte, ha sancito il lavoro come base della stessa. Quasi una farsa, un gioco di parole, un segnale in codice massonico. Non si basa sul benessere del popolo, né sulla solidarietà, né sulla libertà, né tanto meno sulla felicità del suo popolo, no, sul lavoro, e ci stiamo arrivando.. all’arbeit macht frei…
Una Repubblica senza la sovranità di battere moneta è una repubblica dove il lavoro sparisce e si riduce a schiavitù. In schiavitù fai qualsiasi cosa per sopravvivere, ma in una Repubblica fondata sul lavoro lo fai pensando che il lavoro è comunque santo, mentre in realtà non tutti i lavori sono socialmente utili, o costruttivi. Tanti, tantissimi lavori e occupazioni sono dannosi per la collettività, perché utili unicamente alla ricerca dell’utile o di quella moneta di cui tutti hanno bisogno per vivere. Potessi, cancellerei l’articolo 1 della Costituzione. Ma scommettiamo che è l’ultimo tabù? Dico solo questo, che se non fosse santificato acriticamente il lavoro, non si troverebbero operai per fare lavori così osceni. Né assessori strozzati e minacciati dalle assicurazioni per ordinare di farli. Né tanto meno agronomi per redigere quelle oscene relazioni. E sarebbe un bene. E magari le persone lavorerebbero con coscienziosità e passione, perché lo farebbero per piacere, creatività, soddisfazione, amore della natura e INDOLE.
I lavoratori non hanno tempo di osservare e di viaggiare per l’Italia per constatare che qualcosa non va nella potatura e nel massacro di TUTTI i nostri alberi. Non hanno neanche tempo di osservare le foto che metto su SL, o la casualità che le possano vedere si riducono, ma se cominciassero a vederle, inizierebbero almeno a porsi delle domande?
N. Forcheri 20 Aprile 2013
Segue la mail ricevuta oggi:
La Via Dritta che collega Stigliano con San Rocco attraverso il Padule ha un primo tratto che 30 anni fa era alberato da entrambi i lati con pioppi argentati: una strada bellissima, ombreggiata per il conforto dei braccianti e dei contadini nei loro spostamenti fra il podere e i campi. Poi l’agricoltore che ha comprato S. Vittorio ha segato tutti i pioppi sul lato suo.
Questo inverno, il Comune o l’Unione dei Comuni ha “potato” i pioppi sull’altro lato. Come mai? Per vendere la biomassa? Per aumentare la percentuale di rifiuti riciclati? Non sappiamo.
tratto da STAMPA LIBERA